Sono sempre più frequenti e sempre più preoccupanti gli episodi di violenza ai danni dei professionisti sanitari; la violenza sul posto di lavoro è un problema che investe i paesi di tutto il mondo.
Nel settore sanitario, sociosanitario e in modo particolare nei servizi di emergenza-urgenza e nelle strutture psichiatriche, le aggressioni fisiche hanno raggiunto rispettivamente il 48% e il 27% degli operatori; gli insulti sono risultati invece praticamente ubiquitari, avendo coinvolto rispettivamente l'82 e il 64% degli operatori, e percentuali più o meno simili si trovano per le minacce. La prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’ordine o altri soggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie atte a eliminare o ad attenuare la violenza nei servizi sanitari. Ma solo l’impegno comune di tutti (direzioni aziendali, dirigenza infermieristica e medica, coordinatori, professionisti e loro rappresentanti, organizzazioni sindacali, rappresentanti dei cittadini, organi di informazione) può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro. Tanto più che gli atti di violenza possono ripercuotersi negativamente anche sulla qualità dell’assistenza offerta ai cittadini.
Il recente insediamento del 'Osservatorio permanente per la garanzia della sicurezza e per la prevenzione degli episodi di violenza ai danni di tutti gli operatori sanitari” pone importanti obiettivi: attivare un monitoraggio su tutti i livelli di sicurezza degli operatori sanitari, proporre misure concrete che li mettano in sicurezza negli ambiti di rischio - innalzando al contempo il loro livello di formazione rispetto alla gestione del rischio – e intervenire sugli aspetti organizzativi delle singole Asl, delle singole Regioni, perché ci si trova a fronteggiare tematiche legate a problemi non solo sociologici ma anche organizzativi.
Una “comunicazione efficace”, come già codificato dalla legge L.150/2000, contribuisce ad implementare i vari profili professionali della sanità, con risvolti positivi sia interni (equipe) che esterni (utenza).
Il Corso – che si avvale del contributo di alcuni fra i più autorevoli studiosi della materia – si propone di indagare il fenomeno, offrendo al contempo ai professionisti dell’aiuto strumenti utili a comprendere e prevenire le forme di aggressione e di violenza nei propri confronti.
Attenzione specifica è dedicata alle implicazioni etico-deontologiche che derivano dalle aggressioni e dalle evidenti conseguenze psicologiche ed emotive, con il rischio di produrre nei professionisti un cortocircuito traumatico/identitario ed un calo delle proprie motivazioni nel quotidiano lavoro di intervento sociale e di aiuto.