Malattie rare
Salve, sono Giuseppe Zampino, un pediatra genetista che si occupa di bambini con malattie rare, in modo particolare ...
Buongiorno a tutti, sono Federica Dolente, sono una Ricercatrice Sociale e mi occupo soprattutto di immigrazione e tratta; lavoro da alcuni anni per l'Associazione “Parsec”, e per la quale, ho gestito, nel corso degli anni, diversericerche sui servizi sociali dal punto di vista appunto dei soggetti che vi ho menzionato, quindi appunto: dal punto di vistadegli immigrati; delle vittime di tratta; ho fatto anche alcune ricerche e valutazioni sui servizi sociali. Benvenuti a questo modulo di apprendimentoa cui ho dato il titolo di: “Orientamento sessuale, Identità di Genere e relazioni di aiuto oltre i pregiudizi”.
In questo modulocercheremo di capire come fornire assistenza, il più possibile inclusiva, agli utenti “lesbiche”; “gay”; “bisessuali”; e “transgender”; e “lgbt”. Lo faremo cercando quanto più di riportare la complessità, all'interno di questi termini, proprio per dare una direzione quanto più responsabile alle comunicazioni all'interno delle relazioni di aiuto, per evitare che il linguaggio che noi utilizziamo nelle relazioni d'aiuto con questa fascia di utenza, diventi deformante della realtà che noi andiamo a toccare, intralciando il lavoro sociale. Una delle aree a rischio di questa deformazione è proprio quella che riguarda il tema che ora andiamo ad affrontare. In questa presentazione quindi, analizzeremo l'utilizzo del linguaggio nelle relazioni di aiuto, lo faremo esaminando le questioni di genere e la diversità sessuale dal punto di vista delle disuguaglianze sociali;a lungo considerate solo nella sfera intima, queste dimensioni che attengono al sesso ed al genere sono state politicizzate dai movimenti femministi e lgbt, in particolare negli ultimi 50 anni. Tuttavia le relazioni di genere; le questioni “trans” o affermazioni come: “gay”; “lesbiche” o “bisessuali” (tutti termini che ora andremo a conoscere meglio), rimangono delle questioni sociali molto importanti, nonostante i progressi che sono stati fatti in termini di diritti civili, e anche di riconoscimento sociale. Partiamo dall'osservazione che nelle nostre società, le identità e le traiettorie degli individui, rimangono strutturalmente modellate da norme sessiste ed eteronormate, e che queste norme sono combinate con altre situazioni di disuguaglianza, disuguaglianza che può essere di tipo economico, quindi di accesso al mondo del lavoro per esempio; o anche di disuguaglianze relative all'appartenenza etnica, pensiamo per esempio: alle persecuzioni che avvengono nei paesi da cui provengono richiedenti e rifugiati.
Questo campo è quindi un campo destinato ad essere aperto soprattutto all'analisi delle costruzioni sociali di genere e sessualità. In altre parole: se siamo interessati come operatori del sociale alle questioni che attengono alla sfera delle persone lgbt, o anche alle realtà femminili, dobbiamo necessariamente tenere conto della loro co-costruzione in relazione all'eterosessualità, ossia alla costruzione identitaria di queste persone.
Andiamo ora a vedere chi sono le persone “lgbt”.
La sigla “lgbt” è una sigla che ha una storia alle spalle, “lgbt” è un acronimo ombrello che racchiude le parole: “lesbica”; “gay”; “bisessuale” e “transessuale”proprio perché queste persone hanno voluto affermare, anche attraverso il linguaggio, una propria identità autonoma.Questo acronimo è usato anche dalle Organizzazioni della società civile che contrastano le forme di discriminazioni e le violenze a sfondo omofobico nei confronti di queste persone, è utilizzato anche nel lessico dei Movimenti per i diritti civili delle “persone lgbt”. Quindi, nel corso della presentazione, faremo riferimento a questo termine ombrello. Ma andiamo a vedere un'altra sigla che a volte viene utilizzata insieme alla sigla, o al posto della sigla, “lgbt”, ed è la sigla “lgbtIQ”.A volte, appunto, questa sigla racchiude anche altre iniziali, per comprendere anche la condizione delle persone “intersessuali” ed il termine “Queer”
. La categoria “intersessuale” si riferisce a chi nasce con i genitali o i caratteri sessuali non definibili solo come maschili o femminili.
Il termine “Queer”è un termine, come molto spesso accade in questo ambito, che in passato veniva utilizzato in senso spregiativo. Negli ultimi anni questo termine ricorre sempre più frequentemente ed è utilizzato soprattutto dalle categorie più giovani, da quelle persone che non vogliono identificarsi all'interno di un'etichetta esclusiva, per cui con questo termine si rinuncia ad identificarsi ed ad indicare un orientamento sessuale.
Si sente parlare di “donne gay”, quindi adesso arriviamo al termine “lesbica”; main Italia è stato proprio il movimento lesbico, nato all'interno del movimento femminista negli anni 60, che ha voluto superare questa dicitura promuovendo invece l'uso del termine “lesbica”. Dagli anni 60, con la nascita dei movimenti per la liberazione sessuale, le donne omosessuali hanno individuato in questo termine la possibilità di affermare la propria identità sessuale, soprattutto distinta da quella degli uomini “gay”. Bisogna comunque tener sempre presente che tutti questi termini continuano, a seconda dei contesti, a seconda dell'uso che se ne fa, a mantenere un'accensione diciamo spregiativa, per cui esiste un linguaggio ostile al lesbismo che utilizza questo termine in senso dispregiativo. Il termine è noto, insomma proviene dal nome dell'isola greca di Lesbo, e dove anticamente era diffusa l'omosessualità femminile, come testimoniano i versi della poetessa Saffo, che è appunto vissuta in questa isola tra il sesto ed il settimo secolo avanti Cristo. Ora inveceil termine “gay” è un termine assunto sin dal principio dai militanti del movimento, anche questo è un termine che inizia ad essere utilizzato nel settecento e nell'ottocento, ma all'inizio del secolo scorso invece, viene utilizzato proprio dalla comunità gay per rappresentare, come dire, un rovesciamento in positivo di una parola che era diffusa nel mondo anglofono con un significato invece peggiorativo e stigmatizzante. Quindi è stata la stessa comunità gay a scegliere questo nome.
Un altro termine al quale ci dobbiamo riferire è ill termine“transessuale”. Le persone “transessuali” sentono di appartenere al genere opposto a quello a cui gli assegnerebbero i caratteri sessuali, ed in molti casi decidono di modificare la conformazione dei propri genitali attraverso quello che viene chiamato “l’iter di riassegnazione chirurgica del sesso” ,che in Italia è stato regolato sin dal 1982 con la Legge 164.In questo caso, si chiamano “FtM” le donne biologiche che transitano verso l'identità maschile; e “MtF” gli uomini che invece compiono un percorso opposto. Ci sono poi una serie di altri termini che vengono utilizzati dalla comunità lgbt, nati all'interno appunto dei movimenti degli anni 60, e sono: il termine “bisessuale”; “transgender”; “genderqueer”; “genderfluid”; “cisgender”.
Si tratta di affermazioni di altre soggettività, tra queste abbiamo quella “bisessuale”, cioè delle persone che vivono relazioni affettive di intimità, e sessuali, con partner, sia del proprio, che dell'altro sesso biologico; e poi, una portata più ampia ha anche il termine in inglese (vedete che la terminologia inglese ricorre spesso, proprio perché, come dire, spesso ci si riferisce ad un lessico di un'altra lingua quando c'è una carenza nella propria lingua), quindi il termine inglese “transgender”, esso comprende invece tutte le persone che non si riconoscono nei modelli di genere corrente, e li percepiscono come restrittivi rispetto alla propria esperienza, per cui le persone “transgender” hanno un'identità di genere che non è la stessa del sesso alla nascita;la parola “transgender”include quindi diversi tipi di persone che usano una varietà di termini per descrivere se stessi, compresi alcuni che non ho potuto elencare. Una donna “transgender” per esempio: è una persona a cui è stata assegnata un'identità maschile alla nascita, e la cui identità di genere è femminile. Quando invece un uomo è “transgender”? È una persona a cui è stata assegnata un'identità femminile alla nascita, la cui identità di genere è maschile.
I termini “genderqueer” oppure “genderfluid”si riferiscono invece a persone che hanno una identità di genere non binaria, cioè sono persone che non si identificano come maschio o femmina, e possono vedersi come una combinazione dei due generi.
“Cisgender” invece descrive le persone che si riconoscono nel sesso con il quale sono nate, ovvero la loro sessualità coincide con la loro identità di genere.
Ora vorrei fare un ulteriore precisazione dovuta anche, come dire, un po' alla mia provenienza, agli studi che ho fatto: molto spesso può capitare che la transessualità venga riferita all'esperienza prostituiva. C’è questa tendenza a sovrapporre la questione del transessualismo con quella della prostituzione. Di fatto siamo poco abituati a vedere anche in forma iconografica le persone transessuali, e le uniche rappresentazioni che sembrano più alla portata anche dei massmedia sono quelle delle persone transessuali che si prostituiscono; quindi l'immagine della prostituta trans è spesso l'unica figura iconografica riconosciuta della persona trans. In realtà molte ricerche svolte nell'ambito della prostituzione e della tratta, ci mostrano che quella che esercita, o che è costretta ad esercitare la prostituzione perché vittima di tratta, è invece una parte minoritaria delle persone transessuali,nonostante, come vedremo, gli ostacoli e le costrizioni che molte di loro devono affrontare per entrare nel mondo del lavoro.
Questo testo è estratto dal nostro video-corso FAD Servizio Sociale: approcci di genere, sessualità, transessualità ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.
Estratto dalla video lezione della dott.ssa: Federica DOLENTE
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