Malattie rare
Salve, sono Giuseppe Zampino, un pediatra genetista che si occupa di bambini con malattie rare, in modo particolare ...
Perché noi operatori della salute dobbiamo occuparci del dolore? I motivi sono diversi: per la cura, per la qualità, per i numeri, ma anche perché è un diritto sancito dalla legge che il paziente e la sua famiglia debbano sapere come accedere alla terapia antalgica. Per quanto riguarda la cura, il dolore è una parte importante della qualità dell'assistenza e condiziona in maniera drammatica la qualità della vita del bambino e della sua famiglia. Ormai è noto da più di 15 anni come il dolore non trattato aumenti la durata del ricovero, peggiori la prognosi in senso di mortalità e mobilità, soprattutto in ambito neonatale e condizioni un ricordo negativo sia modificandone la situazione psico-relazionale, sia da un punto di vista fisiologico, modificando a distanza la soglia algica.
Per quanto riguarda la qualità, il dolore non trattato rappresenta una situazione negativa sia per quanto riguarda il paziente, sia per quanto riguarda i genitori, ma anche per quanto riguarda l’equipe sanitaria. Qualche anno fa, la professoressa Maiser, oncologa, aveva evidenziato come il dolore non trattato pesasse sul bambino quasi di più della diagnosi di patologia oncologica. Più tardi si è evidenziato come il dolore non trattato pesi in maniera drammatica sulla famiglia. Un dolore adeguatamente trattato, invece, facilita la relazione con la famiglia del bambino e aumenta la compliance alla terapia. Non solo. E’ stato anche evidenziato come, a livello di equipe sanitaria, quando esistono i reparti degli adeguati protocolli di gestione minore Burnout, minore è la situazione negativa che talvolta il ricorso continuo alla patologia può determinare.
Per quanto riguarda la qualità noi sappiamo che in questi ultimi anni si parla moltissimo di qualità percepita. Il dolore rappresenta uno degli indicatori maggiori insieme ai tempi di attesa e alla capacità di accoglimento. I numeri sono elevatissimi. Il Ministero della Sanità evidenzia come il 60% dei ricoveri in pronto soccorso pediatrico presenti fra gli altri sintomi anche il dolore. E’ il sintomo d'esordio nel 60% dei bambini oncologici, e questa percentuale sale al 100% se si considera anche il dolore dovuto alle procedure invasive. Il dolore si presenta nel 70-80% dei bambini operati, è una parte preponderante nella gestione delle patologie reumatiche e nell'ambito dei dolori addominali ricorrenti che hanno percentuali di prevalenza superiore al 10-15%, soprattutto in età adolescenziale. Quindi dobbiamo essere pronti a gestire il dolore per motivi diversi, per dare un'assistenza adeguata, per assicurare il massimo livello della qualità e per rispondere in maniera idonea alla elevata prevalenza con cui questo sintomo si presenta.
Come dicevamo prima, il dolore ha un aspetto anche normativo e legislativo. La legge 38/2010 dà disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore e sancisce il diritto del paziente indipendentemente dall'età, quindi anche del bambino, a ottenere una terapia antalgica adeguata. Da questo ne deriva che medici, infermieri, psicologi hanno il dovere di offrire una terapia antalgica idonea. Questo è possibile perché i miglioramenti ottenuti in questi ultimi vent'anni di ricerca permettono un controllo efficace nella quasi totalità del dolore che raggiunge quasi il 100% in caso di dolore acuto ed è compresa tra 70 e 90% in caso di dolore cronico. Gli strumenti, dunque, ci sono, per come è attualmente la situazione in relazione alle modalità di approccio del dolore in ambito pediatrico.
Questo lavoro del 2006 eseguito dalla Hobby evidenzia come la valutazione del dolore era solo a discapito del personale infermieristico e pur avendo a disposizione una scala algometrica validata solo nel 50% dei reparti, questa veniva regolarmente utilizzata. Evidenzia, inoltre, come esista una notevole variabilità di applicazioni di metodiche di scale di valutazione dei dolori nelle diverse realtà cliniche. Maggiormente impegnati in questo tipo di strategia sono i reparti di patologia oncologica e chirurgica. Molto limitato è l'approccio di tipo valutativo antalgico a livello dei pronto soccorsi pediatrici, e tutto questo indipendentemente dal fatto che 85% degli operatori, medici ed infermieri abbiano eseguito dei corsi di base sulla terapia del dolore.
Diventa quindi importante la possibilità di offrire, oltre alla formazione di base, anche la possibilità di accedere a una formazione abilitativa. Sei anni più tardi è viene fatta un’analisi di come il dolore viene valutato a livello dei pronto soccorsi pediatrici. I dati non sono molto migliorati e il 50% dei casi non ha alcuna valutazione del livello di dolore percepito. La valutazione del dolore viene eseguita con scale algometriche validate solo nel 40% dei casi nei quali viene considerato anche il dolore. Quindi da un punto di vista valutativo c'è ancora molto spazio di lavoro, mentre da un punto di vista terapeutico la situazione risulta più compromessa.
Il dolore della terminalità oncologica, quindi, è un valore importante e viene gestito efficacemente solo nel 25% dei casi. Il dolore che accompagna le procedure invasive diagnostico-terapeutiche ha una copertura analgesica adeguata in una percentuale media del 20-25% e il tutto dipende dalla situazione logistica e da chi prende la decisione.
Nei pronto soccorsi pediatrici italiani la gestione del dolore varia dal 45 al 15%, mentre a livello ambulatoriale il dolore che accompagna numerose infezioni delle alte vie aeree oppure a livello addominale riceve una copertura analgesica in una percentuale inferiore al 15% dei casi. Da questo ne deriva che c'è ancora uno spazio importante l'intervento. Cerchiamo ora di puntualizzare tre ambiti importanti che ci possono aiutare a migliorare l'approccio per quanto riguarda la gestione del dolore nel neonato e nel bambino. Parleremo della fisiopatologia del dolore, delle metodiche di valutazione e misurazione del dolore, nonché dell'approccio terapeutico.
Per quanto riguarda la fisiopatologia del dolore, iniziamo a dire che la nocicezione è un meccanismo complesso, che per semplicità può essere ridotta a 4 fenomeni peculiari: la trasduzione, la trasmissione, la modulazione e la percezione. La trasduzione è quel fenomeno che permette a livello del recettore di modificare l'energia che deriva dall'impulso del noso, trauma, termica, pressoria viene convertita in un impulso nervoso elettrochimico a livello della charente primario. Come avviene questo meccanismo? A livello locale, in cui si esercita un trauma o una lesione c'è una lisi cellulare, la liberazione di numerose sostanze che a loro volta agiscono a livello del potenziale di membrana innescando la nocicezione stesa. Questo fenomeno non è un fenomeno on/off, ma variabile che dipende dall'entità della quota di sostanza liberata. A livello della trasduzione, abbiamo già la possibilità di modificare quando dalla nocicezione arriverà la percezione, per esempio in caso di trauma la posizione di materiale freddo di ghiaccio permette la riduzione del rilascio di queste sostanze e determina un primo blocco all'avanzamento della stimolo doloroso. La seconda fase, invece, è rappresentata dalla trasmissione, processo attraverso il quale l’informazione in codice viene trasmessa attraverso le strutture centrali deputate all'elaborazione della sensazione dolorosa e anche qui l'impulso nocicettivo arriva a livello del corno posteriore del midollo.
Estratto della lezione dellla dott.ssa Franca BENINI
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