Malattie rare
Salve, sono Giuseppe Zampino, un pediatra genetista che si occupa di bambini con malattie rare, in modo particolare ...
In questa lezione vedremo alcuni aspetti sul controllo della tubercolosi in Italia e degli interventi per il controllo della tubercolosi, con particolare riguardo alle nuove strategie che potrebbero, in teoria, portare verso quella che viene definita, come vedremo, l'eliminazione della tubercolosi.
Tradizionalmente le strategie di sanità pubblica per il controllo della tubercolosi, venivano identificate con le strategie volte a diagnosticare tempestivamente e a curare i casi di tubercolosi, soprattutto i casi tubercolosi polmonare contagiosa, per interrompere la catena del contagio. In realtà queste strategie erano pensate soprattutto per paesi ad alta incidenza e a basse risorse, ma nei paesi a bassa incidenza, definiti come paesi in cui i casi di tubercolosi sono meno di 20 per 100000 abitanti per anno, si può pensare a strategie più aggressiva e più ambiziose in qualche senso per il controllo della tubercolosi. Anzi, si è passato da usare il termine controllo della tubercolosi, cioè strategie volte a diminuire l'incidenza di infezioni di malattia, a strategie di eliminazione della tubercolosi, cioè strategia il cui obiettivo è arrivare a una condizione in cui ci sia meno un caso di tubercolosi contagiosa per 100.000 abitanti per anno.
Per capire come queste strategie vanno disegnate e a che cosa devono puntare queste strategie dobbiamo partire da ricordare qual è la storia naturale della malattia tubercolosi. Allora, noi sappiamo che se una persona è esposta al contagio con micobatterio tubercolare, inala i micobatteri tubercolari, può non esserci un'infezione oppure, può stabilirsi una infezione all'interno del polmone. Quando si stabilisce l'infezione, questa infezione può progredire rapidamente a malattia attiva, oppure può entrare in una fase latente, la fase latente a sua volta può rimanere latente per un lungo periodo, oppure riandare verso una malattia attiva. Le percentuali con cui, grosso modo possiamo immaginare si verificano questi eventi sono un 30% di infezione tra gli esposti, un 5% di progressione rapida verso la malattia attiva, un 95% di progressione verso lo stato latente, che poi, in un ulteriore 5% può riattivare; quindi sostanzialmente abbiamo due meccanismi: progressione rapida di malattia e riattivazione che contemporaneamente provocano il fatto che, circa il 10% delle persone che si sono contagiate prima o poi si ammaleranno.
Vediamo che cosa significa questo quando lo proiettiamo all'interno di una popolazione, all'interno di una popolazione possiamo immaginare di avere una certa quota di persone con infezione da micobatterio tubercolare; alcune di queste persone progrediscono come abbiamo visto verso al malattie attiva, le persone che progrediscono verso malattia attiva, sono la fonte del possibile contagio e generano nuovi effetti, i nuovi effetti progrediscono in una certa quota verso la malattia attiva rapidamente, e in un'altra quota maggioritaria invece, vanno verso uno stato di latenza che va in qualche modo a rifornire questo serbatoio di persone nella popolazione infettata dal micobatterio tubercolare.
Che cosa dobbiamo fare allora noi rispetto alla questa dinamica epidemica per cercare di interrompere, per cercare quindi di ridurre l'incidenza di malattia di infezione di malattia nella popolazione? In un primo luogo, dobbiamo intervenire con strategie volte alla prevenzione del contagio, cioè cercare di diminuire il rischio che persone con tubercolosi attiva contagino altre persone. In secondo luogo, dobbiamo intervenire prevenendo la malattia, quindi trattando soprattutto i nuovi infetti, e in qualche misura anche altre persone con infezione tubercolare latente ad alto rischio di sviluppare malattia attiva, per cercare di impedire che progrediscono verso forme contagiose.
Quali sono allora le strategie che noi dobbiamo applicare per cercare di controllare e in prospettiva di arrivare a un eliminazione della tubercolosi in un paese a bassa incidenza come l'Italia? Li possiamo raggruppare in una serie di capitoli che vedremo un po' nel dettaglio: dobbiamo assicurare un trattamento efficace ed evitare decessi correlati alla tubercolosi; avere strategie che riducano l'incidenza di infezione tubercolare; sviluppare strategie che riducano la prevalenza di infezione tubercolare, e in questo contesto avere dei sistemi efficaci di sorveglianza della malattia che ci permettono di capire come stanno progredendo i nostri sforzi, se stanno raggiungendo gli obiettivi, come dobbiamo modificare.
Andiamo un po' nel dettaglio di questi punti partendo dal primo: assicurare un trattamento efficace ed evitare decessi correlati. Questo potrebbe sembrare un problema minore per un paese come l'Italia, si potrebbe immaginare di avere un sistema sanitario avanzato che riesca a diagnosticare e trattare efficacemente le persone con la tubercolosi, questo in linea di massima è vero, ma non è sempre vero. Ci sono dei problemi persistenti nell'affrontare i casi di tubercolosi attiva, uno e forse il principale oggi, è quello del ritardo diagnostico. Esiste un tempo tra il momento in cui una persona inizia ad avere i sintomi ed è contagiosa ed il momento in cui inizia un trattamento, che riduce, poi abolisce la sua contagiosità in cui, la persona può contagiare altre persone; più lungo è questo periodo e maggiore è la probabilità che si contagino altre persone.
Per farvi un esempio, in questo studio pubblicato nel 96 dall'Agenzia Sanitaria regionale dell'Emilia-Romagna, si vedeva come tra tutti i pazienti, il ritardo medio, cioè il tempo che passava tra l'insorgenza di sintomi e la diagnosi di tubercolosi, era di 90 giorni, di 3 mesi, e di questo ritardo circa un terzo, era imputabile al paziente, cioè il paziente aveva i sintomi ma non si rivolgeva al medico, e due terzi, quindi due mesi, erano imputabili al servizio sanitario, cioè il paziente si rivolgeva al servizio sanitario, ma dal momento in cui riportava i suoi sintomi al momento in cui veniva fatta la diagnosi di malattia e iniziato il trattamento, passavano in media due mesi; è interessante vedere come c'è una differenza tra i pazienti italiani e stranieri, i pazienti italiani hanno un ritardo medio più alto: 102 giorni, e questo ritardo medio è dovuto soprattutto al ritardo della diagnosi, quindi il paziente si presentava al medico dopo 20 giorni ma ci volevano 80 giorni in media perché si facesse la diagnosi, di contro, i pazienti immigrati avevano un ritardo medio totale più basso, e questo ritardo era quasi equamente distribuito tra ritardo dovuto al paziente e ritardo dovuto al sistema sanitario, quasi che il sospetto diagnostico per la tubercolosi forse, in qualche misura alla fine, più facile nel paziente immigrato, proveniente soprattutto da paesi ad alta endemia tubercolare, rispetto ai pazienti italiani. Il ritardo, dicevamo è un elemento importante nel favorire l'ulteriore diffusione del contagio, in questo esempio pubblicato nel 2011, di un'epidemia in una scuola primaria italiana; gli autori nel commentare questo evento dovuto ad un caso di tubercolosi contagiosa in un insegnante, notano giustamente come il maggior fattore che aveva contribuito a questo focolaio epidemico, come a molti dei focolai epidemici riportati in letteratura, era il ritardo con cui il caso “Fonte” (un insegnante, in questo episodio), era stata diagnosticata.
Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad ECM Tubercolosi e Sifilide: vecchi contagi, nuove emergenze, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.
Estratto della lezione del dott.: Enrico GIRARDI
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