Disturbi psichici correlati all'abuso

La lezione di oggi riguarderà i sintomi clinici dell'abuso sessuale. Ovviamente, la fenomenologia clinica è un evento che non può essere considerato univoco e uniforme per ogni soggetto, per ogni individuo, per cui vedremo nel corso della lezione che la valutazione della sintomatologia clinica deve prevedere una considerazione di più fattori. Intanto per iniziare, è opportuno chiarire la definizione generale di abuso, utilizzeremo quella che è la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per cui, si configura una condizione di abuso, di maltrattamento allorché genitori, tutori o persone incaricate della vigilanza e custodia di un bambino, approfittano della loro condizione di privilegio e si comportano in contrasto con quanto previsto dalla convenzione ONU di New York sui diritti del fanciullo del 1989. 

Il maltrattamento si concretizza negli atti e le carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di terzi.

Ci sono state circa un centinaio di studi specifici nella letteratura scientifica in questi anni e, nessuno è riuscito a definire e delineare una sintomatologia univoca relativamente all'evento abuso, questo ha portato alla individuazione di alcuni principi che possono spiegare il motivo per cui non tutti presentano la stessa condizione. Il primo principio è considerato, è chiamato quello della multicausalità, per cui, un particolare evento non conduce necessariamente al medesimo esito psicopatologico in ogni individuo, l'effetto di ogni singolo fattore di rischio dipende dal momento in cui interviene e dalla combinazione con altri fattori. Il secondo principio è quello della equifinalità, per cui, all'interno di ogni sistema è presente un ampio ventaglio di percorsi che conducono allo stesso esito, diverse combinazioni di fattori di rischio possono portare allo stesso tipo di disturbo. Quindi, ci poniamo di fronte a una realtà che non è facilmente individuabile semplicemente da quanto riferito dal paziente o, nel caso sia un minore particolarmente giovane, per cui non può riferire in maniera diretta di quanto gli sta accadendo, dobbiamo a questo punto considerare altri fattori, cioè quelli anamnestici, quelli storici, mentali e richiamare un'indagine più estesa anche al contesto. Allora, quali sono i fattori che possono ovviamente condizionare il decorso e l'origine? Possiamo dire che il danno cagionato è tanto maggiore, quanto più il maltrattamento resta sommerso e non viene individuato. Il maltrattamento è ripetuto nel tempo ed effettuato con violenza e coercizione. La risposta di protezione alla vittima, nel suo contesto familiare o sociale, ritarda. Il vissuto traumatico resta non espresso o non elaborato. La dipendenza fisica e/o psicologica e/o sessuale tra la vittima ed il soggetto maltrattante è forte.  Il legame tra la vittima e il soggetto maltrattante è di tipo familiare. Lo stato di sviluppo ed i fattori di rischio presenti nella vittima favoriscono un'evoluzione negativa. 

Già da questi punti possiamo individuare un fattore fondamentale, cioè che la vittima e l'autore di reato di abuso, costituiscono, riproducono insieme una relazione per cui, è nell’ambito della relazione che si svolgono poi i fenomeni mentali, abbiamo ovviamente i fattori di variabilità per cui, questa revisione della letteratura scientifica sull'argomento, indica che gli esiti degli abusi sono collegabili a diversi fattori: durata e qualità degli abusi; periodo evolutivo di occorrenza; fattori individuali; caratteristiche ambientali esistenti a priori e conseguenti all'abuso e/o alla sua rivelazione. Tra i minori vittime di abusi sessuali, una percentuale variabile compresa tra il 10 ed il 30%, non riporta alcun sintomo psicologico.

Uno studio ha trovato che l’abuso sessuale in età infantile, può non avere necessariamente un carattere gravemente negativo sull'evoluzione del minore, a condizione però, che sussistano determinate caratteristiche ambientali e personali “protettive”. Si tratta in questi casi, di abusi su minori dalla personalità energica, che hanno subito delle molestie singole ed oggettivamente poco intrusive, e che hanno avuto intorno a loro un ambiente supportivo e protettivo.

Quali sono i luoghi dell’abuso, dove si svolge? Si può svolgere in contesti diversi, possiamo dire in quelli intrafamiliari, in quelli extrafamiliari, e nell'aria vicino alla famiglia. 

In particolare, quelli intrafamiliari sono quelli che lasciano maggiormente il segno, possiamo individuare quelli manifesti per cui, c'è uno sfruttamento sessuale o una pornografia che ovviamente, rende oggetto il bambino, il minore, di scopi non certo di protezione, di accudimento e, le figure, ovviamente, sono i padri, figure maschili a conduzione paterna, partner della madre del minore, madri, fratelli e sorelle maggiori, nonni, zii e conviventi.

Esistono anche i cosiddetti abusi sessuali mascherati, che consistono in morbose dedizioni alle cure genitali, le pratiche inconsuete, ad esempio una forma di mania per la cura delle aree genitali, con creme, delle attenzioni, dei toccamenti che nascondono le spinte che sono ovviamente di carattere psicopatologico e non certo di cura. Poi esistono anche le denunce infondate e falsi positivi, di questo ne parleremo più avanti, sono state delineate delle personalità abusanti, per quella paterna è stato riscontrato il tipo rigido, autoritario e violento; inibente la vita sociale ed affettiva esterna dei figli; insensibile ai sentimenti ed ai bisogni degli altri. E poi un'altra tipologia, per cui al contrario, è un soggetto dipendente e succube della moglie; maltrattato nell'infanzia; con inversione di ruoli coniugali. 

Per quanto riguarda la personalità abusante materna, troviamo una prima tipologia per cui è passiva, succube, vittima di maltrattamenti; rifiutata dalla famiglia d'origine; con esperienze incestuose. Quindi, riporta dentro di sé esperienze personali nell'epoca esistenziale in cui era figlia, oppure la tipologia più autoritaria e centrale economicamente; rifiutante la propria famiglia; molto impegnata lavorativamente per cui perde il ruolo genitoriale e coniugale lo delega alla figlia.

Come dicevamo, non tutti i soggetti sviluppano la stessa sintomatologia. Negli ultimi anni è stata individuata una condizione, un fattore protettivo che è nominato resilienza che, può essere definita come una condizione personale, riferibile ad attitudini mentali che attenuano l'impatto di stress esistenziali e/o interpersonale. Da che cosa è data questa resilienza, questo fattore protettivo? Innanzitutto da una differenziazione tra il sistema delle emozioni e sistema cognitivo, nel senso che questo consente al soggetto di prendere distanza dalle proprie reazioni emotive ed elaborarle attraverso le operazioni di razionalizzazione.

La presenza di necessarie e sufficienti abilità cognitive, per cui comunque una buona, se non ottima intelligenza, la capacità di risolvere problemi, la cosiddetta strategie di problem solving, capacità di concettualizzare, pianificare, quindi saper organizzare il pensiero ogni volta che si presenta uno stimolo negativo che comunque può di nuovo recitare un complesso emotivo che può condizionare poi la vita della persona. Poi secondo una visione psicodinamica, psicoanalitica, ovviamente, la dotazione di meccanismi di difesa normali o nevrotici tali da consentire stili di coping maggiormente funzionali, adattativi.

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad Abusi Sessuali sui Minori, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione del dott.: Antonio COPPOTELLI

Antonio COPPOTELLI
Psichiatra
Perito del Tribunale Penale di Roma.
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